Tutela delle acque internazionali e Common Oceans ABNJ Program: l’impegno di ANCIT per contribuire a preservare la biodiversità marina

Tutela delle acque internazionali e Common Oceans ABNJ Program: l’impegno di ANCIT per contribuire a preservare la biodiversità marina

Negli ultimi anni, in Italia così come nel resto del mondo, il consumo di pesce è aumentato, grazie anche alle raccomandazioni della comunità scientifica che gli riconosce grandi proprietà nutrizionali. Ma per poter conservare o incrementare questo stato è necessario utilizzare in modo sostenibile e tutelare gli oceani, i mari e le risorse marine. Promuovere la gestione sostenibile delle risorse ittiche, e delle buone pratiche basate sugli ecosistemi per salvaguardare la biodiversità marina, è una sfida che passa per la tutela delle acque internazionali, le aree marine che non rientrano nelle responsabilità di un solo Paese, che coprono il 40% del pianeta e costituiscono quasi il 95% del volume dei mari.

Per supportare questo ambizioso obiettivo, il Common Oceans ABNJ Program, nato su iniziativa della Fao, in collaborazione con ben 60 partner, tra i quali le organizzazioni regionali di gestione della pesca in acque profonde, l’Unep – United Nations Environment Program, la World Bank, il Wwf, la società civile, vari governi, il settore privato e molte organizzazioni non governative, ha riunito scienziati e biologi per sviluppare strategie e processi di pesca più sostenibili, consentendo di fissare e applicare limiti di cattura per non compromettere l’equilibrio degli stock ittici, e contribuendo agli obiettivi globali dell’Agenda FAO 2030 per lo sviluppo sostenibile.

Finanziato con 50 milioni di dollari dal Global Environment Facility (GEF) e finalizzato alla tutela delle aree al di fuori della giurisdizione nazionale o acque internazionali (Areas Beyond National Jurisdiction – ABNJ), il Programma ha avviato le misure per contrastare la pesca illegale e migliorare il coordinamento tra tutte le parti interessate nell’uso sostenibile delle acque internazionali, rendendo meno dannosa la pesca a diverse specie marine, tra le quali tartarughe e tonni.

L’ABNJ Global Steering Committee Meeting tenutosi a Roma ad inizio 2020, ha fatto il punto sui risultati raggiunti e ha individuato tra i prossimi obiettivi quello di tutelare l’equilibrio di 8 dei 13 principali stock commerciali di tonno. Tra il 2014 e il 2019, infatti, il numero dei principali stock di tonno esposti a pesca eccessiva è già stato ridotto da 13 a 5, grazie anche all’impegno e al rispetto delle raccomandazioni da parte di stakeholder e protagonisti del comparto ittico.

“L’industria del pesce risponde alla crescente richiesta di cibo nel mondo – commenta Simone Legnani, Presidente di ANCIT (Associazione Nazionale Conservieri Ittici e delle Tonnare) – è salutare, è conveniente e rispecchia gli stili di vita moderni. Ma per poter conservare o incrementare questo stato è necessario rispettare le disposizioni vigenti sulla pesca, conservare e utilizzare in modo sostenibile gli oceani, i mari e le risorse marine. La sostenibilità ha diverse facce e dimensioni, a livello biologico, economico e sociale e abbiamo il dovere di proteggerle tutte. Abbiamo molti strumenti e possibilità per farlo, ma è necessario alimentare una cooperazione internazionale, ricorrendo a certificazioni, controlli, pratiche migliori di pesca, con licenze e regolamentazioni, che rispondano tutte alla protezione della vita sott’acqua, nell’interesse di tutto il pianeta”.

Per gli scienziati del’ABNJ Program la tutela deve andare di pari passo con il progressivo calo delle catture accidentali e dell’inquinamento. Gli adeguamenti delle attrezzature da pesca, come la formazione dei pescatori e il corretto posizionamento delle reti, hanno contribuito fino ad oggi a risparmiare migliaia di mammiferi marini, riducendo del 98% il tasso di mortalità di quelli catturati dalla pesca con le reti da imbrocco pakistane nelle acque del Mar Arabico settentrionale,  passando da 12.000 nel 2013 a meno di 200 nel 2018.

Ma il traguardo principale del Programma è l’istituzione di 18 nuovi ecosistemi marini tra il 2014 e il 2019, in cui vige il divieto di pesca, ospitando specie di acque profonde come coralli e spugne. Due di questi si trovano nell’Oceano Pacifico, cinque nell’Oceano Indiano meridionale, uno nell’Oceano Pacifico meridionale, sette nelle acque internazionali che circondano l’Antartide e tre nel Mediterraneo.

Articolo pubblicato il 24/07/2020