Tonno in scatola, un comparto in salute che genera occupazione. Ecco le professioni insospettabili nel settore delle conserve ittiche

Tonno in scatola, un comparto in salute che genera occupazione. Ecco le professioni insospettabili nel settore delle conserve ittiche

La lunga durata e la facilità di conservazione, l’accessibilità, i valori nutrizionali al pari del pesce fresco e la facilità nella ricettazione lo rendono l’alimento immancabile nel carrello della spesa. Questo è stato ancor più vero nell’ultimo anno, tanto da parlare di una nuova “golden age” del tonno in scatola: 1 italiano su 2 ne ha aumentato il consumo durante i mesi di lockdown. Gli italiani lo considerano un alimento gratificante nei momenti difficili (Fonte: Ricerca Doxa), rivelando un comportamento d’acquisto legato alla sua dimensione più emotiva.

Quello del tonno in scatola si conferma come uno dei comparti più virtuosi dell’industria alimentare italiana, che i consumatori hanno premiato anche in tempi di pandemia. In Italia, nel 2020 ha registrato un valore di mercato di oltre 1,40 miliardi di euro (+6% rispetto al 2019) con una produzione nazionale di oltre 80.300 tonnellate (+8,21%) mentre il consumo ha toccato quota 160.191 tonnellate (+4,7%), circa 2,67 Kg pro capite Nello stesso arco di tempo, l’export ha segnato uno scatto positivo: le esportazioni hanno raggiunto quota 30.500 tonnellate (+18,6%), confermando il crescente interesse per il nostro prodotto all’estero, sia da Paesi UE (Germania, Grecia, Slovenia, Repubblica Ceca) che da Paesi terzi, in primis Canada, Arabia Saudita ed Emirati Arabi. Mentre le importazioni si sono attestate a 98.537 tonnellate (+4,15%). Per quanto riguarda il comparto conserviero ittico che, oltre al tonno in scatola, comprende anche le altre conserve, quali sgombri, acciughe, sardine, ANCIT (Associazione Nazionale Conservieri Ittici e delle Tonnare) stima un fatturato 2020 di circa 405 milioni, per un valore totale di tutte le conserve ittiche di oltre 1 miliardo e 810 milioni. (Fonte: elaborazioni ANCIT su dati Istat).

FONDATA NEL 1961, ANCIT CELEBRA I 60 ANNI DI STORIA E IL VALORE SOCIALE DEL COMPARTO

Il tonno in scatola gode di ottima reputazione e, con una crescita sempre costante, ha incontrato il consenso del consumatore, grazie anche all’informazione di prodotto portata avanti da ANCIT (Associazione Nazionale Conservieri Ittici e delle Tonnare), che quest’anno celebra un traguardo importante, i 60 anni dalla sua fondazione. Dal 1961, ANCIT rappresenta le imprese operanti nel settore delle conserve ittiche (oltre al tonno in scatola, acciughe sotto sale e sott’olio, sgombri, sardine, vongole e antipasti di mare), curando le relazioni e i rapporti con le Istituzioni preposte a livello nazionale, comunitario ed internazionale e tutelando il settore nell’ottica di un suo miglioramento continuo. In occasione di questo anniversario importante, l’Associazione celebra il valore sociale del settore e delle persone che lo rappresentano, dotate di grandi professionalità, lungo tutta la filiera.

LE PROFESSIONI INSOSPETTABILI CHE SI CELANO DIETRO UNA “SEMPLICE” SCATOLETTA DI TONNO

Macchine di ultima generazione a raggi infrarossi, impianti automatizzati, barriere tecnologiche alle contaminazioni, certificazioni di qualità, protocolli sanitari per l’alimentazione: anche se l’innovazione e la tecnologia hanno fatto passi da gigante, è la competenza l’elemento fondamentale. In tutti i processi, anche i più automatizzati, l’elemento umano è insostituibile per controllare un sistema di produzione sempre più complesso e garantire la continuità tra tradizione e innovazione.

Dal capitano del peschereccio al suo macchinista, dal manovratore durante lo sbarco al veterinario pubblico che controlla il pesce in tutte le fasi di lavorazione, dai tecnici della cottura agli esperti della ricetta, dai pulitori ai selezionatori, dai meccanici dell’inscatolamento ai controllori della qualità, fino ai responsabili della logistica ed ai trasportatori, sono tante le professionalità che concorrono al successo della scatoletta di tonno. Tutti contribuiscono a portare sulle tavole degli italiani prodotti sicuri, sani e gustosi. E tra loro, ci sono profili sempre più richiesti dal sistema produttivo e non sempre reperibili sul mercato o adeguatamente formati. Secondo una recente analisi condotta dal Centro studi di Confindustria, nello scenario generale dell’industria italiana (quindi non solo delle conserve ittiche) sussiste uno squilibrio tra le professionalità richieste dal sistema produttivo e la disponibilità di queste figure professionali, che spesso finiscono a dover essere formate direttamente sul campo.

Una curiosità: nell’industria ittica è alta la presenza di personale femminile, sui circa 1.550 addetti del settore. Uno dei patrimoni del comparto è rappresentato, infatti, in maniera esemplare dalla capacità e dall’abilità delle donne. Tradizionalmente, merito della grazia e delicatezza delle mani femminili, le donne erano addette soprattutto alla pulitura e selezione dei tranci di tonno per l’inscatolamento ed alla cosiddetta “arringatura” delle alici, ovvero a disporre le alici in modo da far combaciare testa e coda degli esemplari affiancati. Oggi a queste figure, con l’evoluzione del settore, se ne affiancano anche altre che rivestono ruoli di responsbilità e compiti direttivi nella produzione e nell’amministrazione. Il settore delle conserve ittiche, per la sua storia, da sempre applica il sistema delle “quote rosa”.

In un mercato sempre più competitivo – spiega Simone Legnani, Presidente di ANCIT (Associazione Nazionale Conservieri Ittici e delle Tonnare – possiamo vincere solo puntando sulla qualità, che va di pari passo con ricerca e innovazione. E in questo si impone la nostra capacità, tutta italiana, di coniugare tradizione, saper fare, e tecnologia alimentare grazie alla professionalità del capitale umano di donne e uomini che ogni giorno mettono tutto il loro impegno e la loro professionalità al servizio del consumatore. Il settore industriale nella sua fase di massima espansione ha beneficiato di un’ampia offerta di diplomati con percorso professionalizzante. Oggi molti profili richiesti dal sistema produttivo sono introvabili per carenza di offerta ma anche a causa del gap di competenze, tra quello atteso dalle imprese e quello posseduto dai candidati al momento dell’assunzione. Un esempio delle figure richieste e difficili da trovare sono gli addetti alla cottura, il responsabile della qualità, il meccanico aggraffatore e il salatore”.

Per questo l’industria ittica ha deciso di dare il suo contributo promuovendo la realizzazione di corsi di formazione per i tecnici dell’industria, insieme a partner di prestigio, per facilitare l’incontro tra scuola e lavoro.

 

Articolo pubblicato il 26/05/2021