Tonno in scatola: volumi in assestamento e un comparto sempre più sostenibile

Tonno in scatola: volumi in assestamento e un comparto sempre più sostenibile

piatto con tonno in scatola

Nel 2024 il comparto del tonno in scatola registra un calo del 4% a volume nelle vendite retail, un dato che però si ridimensiona notevolmente se si considera il numero effettivo delle confezioni acquistate, in flessione di appena lo 0,6%. A dirlo sono i dati ANCIT elaborati su base NIQ, che fotografano un mercato in fase di assestamento ma ancora ben radicato nelle scelte alimentari degli italiani.

Il consumo medio pro capite si attesta a 2,36 kg secondo i dati ISTAT analizzati da ANCIT, confermando una tenuta significativa rispetto al contesto economico segnato da inflazione e aumento dei prezzi. “Veniamo da anni non facili – osserva Giovanni Battista Valsecchi, Presidente ANCIT – ma i consumatori continuano ad apprezzare i nostri prodotti, che uniscono qualità e un impegno crescente in termini di sostenibilità”.

Un alimento presente nelle abitudini di oltre metà della popolazione

Sono sei su dieci gli italiani che portano il tonno in scatola a tavola almeno una volta alla settimana, mentre oltre un terzo (34,8%) dichiara di averne aumentato il consumo negli ultimi due o tre anni. I dati di AstraRicerche per ANCIT evidenziano le ragioni di questa scelta: la praticità (35,1%), il ridotto spreco (26,1%), la capacità di sostituire il pesce fresco (25,9%) e l’alto contenuto proteico, ideale per chi fa sport (21,3%).

Leader di un comparto strategico del Made in Italy, il tonno in scatola è sinonimo di tradizione mediterranea, qualità e cultura alimentare. Non a caso, l’Italia è il secondo produttore e consumatore europeo dopo la Spagna, e vanta un comparto che continua a fare scuola nel mondo per innovazione e standard qualitativi.

Produzione, consumi e dinamiche di mercato: un settore in evoluzione

I dati elaborati da ANCIT mostrano come l’andamento del tonno in scatola sia in linea con la generale contrazione del settore alimentare registrata da ISTAT, che segnala un calo dell’1%. Tuttavia, il 2024 mostra segnali di graduale normalizzazione, dopo un 2023 chiuso con un -3,9% in quantità.

Per rispondere alle esigenze del mercato e contenere i costi, l’industria ha proposto formati con minor contenuto d’olio. Questa scelta ha portato a confezioni dal peso netto ridotto, pur mantenendo le percentuali minime di tonno previste per legge: almeno il 65% nel caso del tonno all’olio e il 70% per quello al naturale.

La produzione nazionale si attesta a circa 72 mila tonnellate, con una lieve flessione del 2,2% rispetto all’anno precedente. A queste si aggiungono le importazioni stabili (98.000 tonnellate), mentre le esportazioni, in significativa crescita, portano il volume disponibile per il mercato italiano a circa 140 mila tonnellate, pari a un -2,66% sul 2023.

Cresce il valore del mercato e aumentano le esportazioni

Il valore complessivo del mercato del tonno in scatola, comprensivo del canale fuori casa (stimato intorno al 6%), si attesta a 1.650 milioni di euro, in aumento dell’1,5% rispetto all’anno precedente. Il segmento rappresenta oggi quasi il 70% del valore totale dell’industria conserviera ittica italiana (fonte: ANCIT su dati Circana).

Importante il balzo in avanti dell’export, che nel 2024 ha raggiunto le 30.600 tonnellate, con un incremento del 9,57%. Le principali destinazioni restano i Paesi dell’Unione Europea – tra cui Germania, Grecia, Romania, Polonia e Austria – ma crescono anche i flussi verso mercati extra UE come Svizzera, Canada (favorito dall’accordo CETA), Arabia Saudita, Israele, Cina ed Emirati Arabi.

Permane invece una forte criticità sul mercato statunitense, dove il tonno in olio italiano è penalizzato da dazi attualmente al 45%, che rischiano di salire al 55% in assenza di un’intesa tra UE e USA entro il 14 luglio. Un ostacolo che limita fortemente le potenzialità di crescita dell’export italiano nel paese.

Le conserve ittiche: un settore che supera i 2 miliardi di euro

Il mercato delle altre conserve ittiche – come acciughe, sgombri, sardine, salmone e antipasti di mare – ha registrato nel 2024 un valore complessivo di circa 400 milioni di euro, portando l’intero comparto conserviero ittico sopra i 2 miliardi.

Le acciughe si confermano in crescita (+2,7% a volume e +4% a valore), così come le sardine, che segnano un +5,3% a volume e un +3,4% a valore.

Anche a livello europeo il consumo di pesce in scatola resta elevato: secondo lindagine Eurobarometro condotta tra settembre e ottobre 2024, il 61% degli europei lo consuma almeno una volta al mese. I livelli più alti si registrano in Spagna (90%), Malta (83%), Italia (81%) e Slovacchia (78%).

Sostenibilità e circular economy: materia prima utilizzata al 100%

Il tonno in scatola è sempre più un modello di economia circolare. La parte destinata all’inscatolamento rappresenta circa il 41-43% del pesce pescato. Il restante – come carne rossa, pelle, testa e scheletro – viene riutilizzato in numerose filiere innovative: dalla produzione di farina e olio di pesce per mangimi e acquacoltura, fino a cosmetici, integratori, bioplastiche, fertilizzanti e bioenergia.

Numerose startup e centri di ricerca sono oggi impegnati in progetti sperimentali che mirano a valorizzare ogni singolo elemento del tonno, rendendo il processo produttivo un esempio virtuoso di upcycling e sostenibilità.

Packaging riciclabile all’infinito: l’Italia è leader in Europa

Anche il packaging gioca un ruolo chiave. Le scatolette di tonno sono realizzate in materiali come acciaio, alluminio e vetro – tutti riciclabili all’infinito. Secondo RICREA, nel 2024 in Italia sono state avviate al riciclo circa 409.000 tonnellate di imballaggi in acciaio, pari al 77,8% dell’immesso al consumo. Per il vetro, il tasso di riciclo ha raggiunto l’81,9% secondo quanto riportato da Assovetro.

I benefici nutrizionali del tonno: la parola dell’esperto

Omega 3, zinco, selenio, iodio, fosforo, vitamine A, D, E, B2, B3, B12 e un apporto di ferro comparabile a quello del filetto di carne. Il tonno in scatola è un vero concentrato di nutrienti. “È una fonte preziosa di grassi buoni – spiega il nutrizionista Luca Piretta dell’Università Campus Bio-Medico di Roma – che aiutano a proteggere cuore e arterie, a ridurre il rischio di depressione e malattie neurodegenerative, grazie anche al contenuto di triptofano, precursore della serotonina”.

Una filiera che unisce storia, tradizione e innovazione

Il comparto delle conserve ittiche affonda le radici in una lunga tradizione italiana, fatta di conoscenza artigianale, memoria culturale e capacità di evoluzione. Oggi, grazie all’adozione di tecnologie moderne e standard produttivi elevati, il settore è in grado di garantire sicurezza, qualità e sostenibilità, restando sempre fedele al proprio DNA.

Anche nei processi più automatizzati, l’elemento umano resta centrale per assicurare la qualità del prodotto finale e la continuità con una tradizione che guarda al futuro.

Articolo pubblicato il 22/05/2025